Quando

20/05/2017   
21:00 - 23:00

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Dove

Teatro Tordinona
Via degli Acquasparta, 16, Roma, RM, 00186, Lazio
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Da una idea di Cristina Aubry…

E’ passato un anno da quando gli Squinternati hanno debuttato con Pinocchio.

Rimasero sorpresi loro per primi di quel successo.

Mesi impegnativi dove il rigore è stata la parola d’ordine. Rigore assoluto: precisione, nessun aiuto scenico, qualche passaggio musicale ma solo i loro gesti e le loro voci per evocare il mondo magico di Pinocchio, dal teatro di Mangiafuoco al mare in tempesta dove il burattino riabbraccia Geppetto.
Un lavoro quasi maniacale sui dettagli e sulla sintesi dette luogo a uno spettacolo intenso, poetico e commovente. E a tratti anche divertente. Uno spettacolo che ora definirei “zen”.

Mi sono chiesta a lungo cosa proporre per il secondo anno. Avevo bisogno di cambiare. Dopo la ricerca dell’essenziale sentivo che era l’ora di perdere ogni controllo e naufragare un po’ nel caos. Sentivo la necessità di dare spazio a stili diversi, a ridondanze, perfino a eccessi.
L’idea me l’ha suggerita un breve laboratorio di narrazione che ho tenuto in estate, dal titolo “E tu che ne dici?”.

Rifacendomi al famoso racconto di Akutagawa “Nel bosco” da cui Kurosawa trasse “Rashomon” mi piaceva provare a raccontare una questione da vari punti di vista. Il laboratorio fu un esperimento e ci divertimmo molto. Ci ispirammo anche a Queneau partendo dai diversi stili narrativi spaziando dai cliché televisivi, al cinema, al teatro, alla letteratura.

Per il nostro secondo spettacolo ho pensato a qualcosa che fosse teatrale per eccellenza. E abbiamo individuato la trama delle trame: Romeo e Giulietta. Ci siamo messi a improvvisare tanti, tantissimi modi per raccontarla, dando fondo a qualsiasi linguaggio teatrale e non.
Parodie, invenzioni, canzoni, cori, scherzi, rime, rap, ricette, cunti e quant’altro contrappuntato da suggestioni di brevi monologhi dei personaggi shakespeariani, scorci di inquietudini o di sogni, impalpabili come acquarelli.
La fine dei due amanti però è necessariamente sempre la stessa anche se ogni volta vorremmo poterla riscrivere, vorremmo che il tragico equivoco non avesse la meglio.
Lo spettacolo è il risultato di tutto questo improvvisare. Il testo è stato scritto con una fluidità che è prerogativa di questo gruppo fantasioso e pieno di talento.

Questa volta molte musiche, originali per altro, composte da Flavio Scaffidi Abbate, squinternato D.O.C.
Sul titolo abbiamo avuto molti dubbi, volevamo che Shakespeare ci fosse ma nascosto in qualche angolo, a sorridere di noi.
Ed è nato anche quello, senza sforzo, come una farfalla che ci sorprende quando non sai ancora che è già primavera: “Come ci piace”.

Ora vedremo se piacerà anche al pubblico.

Cristina Aubry

 

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